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Channel: L'Osceno Desiderio
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LOU REED

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Sta diventando un camposanto questo posto. Se ne va anche il vecchio Lou, che seguo da sempre. Forse si era un poco imbolsito dopo "Ecstasy", ma chi se ne frega. A questo punto dovrebbe partire il solito lamentevole necrologio. Non ho voglia, tristezza per favore vai via...

In memoria allego il suo grande vaffanculo sonoro a quelli della RCA, che quasi gli rovinò la carriera. Così non fu, l'anno dopo partorì quel capolavoro di "Coney Island Baby"

So long, Lou.















SCORNED (2014) Mark Jones

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Come Freudstein ogni tanto esco fuori dalla mia cantina e ne esco giusto per parlare di cazzate. Appunto. Questo "Scorned"poteva sembrare il remake di "A Woman Scorned" (1994) con Shannon Tweed, poteva, ma in effetti non lo è. AnnalynneMcCord, la pazza di "Excision", vorrebbe impalmare il vecchio Billy Zane, qui nel ruolo di un riccastro antipatico come la merda, che la invita per un week-end di sesso nella sua casa sulla collina. Però c'è qualcosa che non va. La giovane Sadie (la McCord) non è tanto a posto con la testa, anzi, ed è pure gelosa; per cui quando scopre che la sua migliore amica (Viva Bianca from Spartacus) ha una tresca con il suo bello, scatta la vendetta. Tortura, violenza, follia, omicidio!!! 

Dirige il Mark Jones del primo "Leprechaun" (che se non vado errato è del 1993, quindi vuol dire che sono parecchio invecchiato) per molti non certo una garanzia. Sembra una di quelle cosette anni '70 con gli attori che parlano, litigano, si fanno del male fino all'arrivo della madama. Ma forse siamo più dalle parti del giallo da RaiDue. Comunque, tanto per ritornare alle cose serie, il filmetto è una discreta cazzata che mi ha molto divertito e Billy Zaneè talmente svogliato che pare volersi alzare e andarsene ogni volta che viene inquadrato. Rimane la bella Annalynne, che a me piace molto, ormai lanciata verso una carriera da starlette nel mondo dei DTV e uno degli evasi più cialtroni e improbabili dell'intera storia della Serie B. Quindi da vedere.
INTERPRETI: Annalynne McCord, Viva Bianca, Billy Zane, Doug Drucker, Marian Weage.



LILLI CARATI

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Farewell My Lovely... Almeno ho avuto la possibilità di conoscerti. Posto la foto con Fernando, siamo rimasti in pochi. Grazie, Ileana.












IN SEARCH OF... (1976-1982)

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Basta con i necrologi, se è possibile. Però il vecchio Leonard è un personaggio sul quale non si può certo glissare...Per cui ecco una bella serie TV, di quelle possibili solo negli anni settanta, in cui il Nostro prestava la sua inconfondibile presenza scenica per "turbare" le menti dei poveri americani, si fa per dire, con una quantità industriale di misteri e indagini sul paranormale. Parliamo di "IN SEARCH OF...", una produzione Alan Landsburg che capitalizzò il successo di tre precedenti documentari ("In Search of Ancient Astronauts", "In Search of Ancient Mysteries" e "The OuterSpace Connection") presentati da Mr. Rod Serling in persona.

Leggenda vuole che dopo la morte di Serling fu Nimoy l'unica scelta possibile e di conseguenza il buon vulcaniano si ritrovò in mezzo ad alieni, Bigfoot, assassini, persone scomparse e orrori di questo e dell'altro mondo. Non mancò nemmeno Nessie, il Mostro di Loch Ness, episodio che fu in seguito preso pesantemente per il culo dalla ciurma di "Donne Amazzoni Sulla Luna", in cui Henry Silva presentava lo show "Cazzate o No...". Comunque, questo "In Search Of..."è molto datato, ma proprio per questo irresistibile per qualunque appassionato di Nimoy o delle serie Tv in genere. Io ho il cofanetto con tutti gli episodi, vedete un pò voi a quali livelli di follia si può arrivare.

So long, Leonard.




FAULTS (2014) Riley Stearns

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Strano film questo "Faults". Dunque, Ansel Orth (un bravissimo e depresso Leland Orser) è uno specialista del "controllo mentale", nel senso che il suo lavoro consiste nel "deprogrammare" coloro che sono finiti nelle grinfie di sette, culti o fanatici vari. Non se la passa molto bene, deve essere successo qualcosa nella sua carriera per cui viene sbeffeggiato, insultato e pure pestato da chi assiste alle sue conferenze e anche a livello finanziario ci sono problemi, gravi problemi, visto che un omaccione (Lance ReddickfromLost) gli ricorda che deve restituire una ingente somma di denaro al suo ex-agente, Terry (Jon Griesfrom Lost).

Per far fronte alla situazione, Ansel decide di accettare l'offerta di una vecchia coppia. I due vogliono assumerlo per tentare di "deprogrammare" la figliola, Claire (MaryElizabeth Winstead, molto brava) fuggita di casa e presunta vittima di una comunità religiosa autonominatasi "Faults", appunto. 

Fin qui tutto bene. La ragazza viene rapita da Ansel, aiutato da due scagnozzi, e trasportata in un motel, luogo in cui dovrà cominciare il trattamento. Però, c'è qualcosa che non va. La ragazza in lacrime non sembra poi così fragile. E indifesa. Da qui comincia "Faults", che parte come una black comedy per poi trasformarsi subdolamente in un horror bizzarro, financo cupo e senza speranza. Stearns, maritino della Winstead, non mostra nulla di particolarmente violento o disturbante, guarda chiaramente al cinema "demoniaco" dei seventies senza però cadere nella trappola del revival a tutti i costi e utilizza i mezzi limitati a disposizione per portare lo spettatore verso la risoluzione finale senza giocare in maniera smaccatamente scorretta o sputtanare il tutto con CGI da terzo mondo.

Niente male come esordio. A qualcuno potrebbe pure interessare. 
Con Mary Elizabeth Winstead, Leland Orser, Jon Gries, Lance Reddick,  Beth Grant.

COOTIES (2014) Milott/Murnion

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Dunque, vediamo un pò di che cazzo parla 'sto "Cooties". In una scuola elementare dell'Illinois vengono servite delle chicken nuggets andate a male, motivo per il quale una dolce bimbetta si trasforma in un essere violento e sbavante che contamina gli altri bambini (antipaticissimi e rompicoglioni). Fine. Non è vero, però "Cooties"è un film che mi fa profondamente incazzare. Il buon Elijah Wood produce e starreggia nel ruolo di un supplente con velleità da scrittore horror che si ritrova nella sua città natale nonchè nella merda fino al collo quando scoppia il contagio. Bene. E poi? E poi il film si trasforma in una insopportabile commediola dove lo spettatore più smaliziato potrà indovinare con un accettabile margine di tempo tutte le battute e le frasette sarcastiche dei (comunque bravi) protagonisti, ovvero il corpo insegnante rimasto barricato nella scuola in un puro rigurgito romeriano.

Una lagna e una discreta rottura di coglioni che i due registi tentano di far passare per un film scorretto e sanguinario, ma l'aria fritta che puzza di "cult" scritto a tavolino è talmente densa da soffocare sia il cast affiatato che i ridicoli bambini rabbiosi/morti viventi. Altro che destrutturare il genere. Non riesco a non pensare tutto il male possibile (si scherza) nei confronti del tandem creativo autore di questa immane cazzata, non parlo dei due registi ma di Ian Brennan (proprio lui, quello di "Glee") e del povero Leigh Whannell (che comunque alla fine mi è pure simpatico, dai) sceneggiatori e attori (Leigh si ritaglia il ruolo di un insegnante parecchio cazzaro, uno degli highlight del filmetto) che sembrano divertirsi parecchio. Beati loro, ma alla scrematura finale chi cazzo se ne frega del solito loser sbeffeggiato da tutti (Elijah), della simpatica e agguerrita maestrina pronta a vendere cara la pelle (Alison Pill) e del suo fidanzato insegnante di educazione fisica (no, in realtà lui è Rainn Wilson, per cui non posso parlarne male) a unire i puntini del solito triangolo di attrazione, gelosia e cazzate varie con contorno di zombi o quello che cazzo sono? C'è pure Jorge Garcia strafatto di funghi che parla con una giraffa. Cazzo, sto proprio invecchiando. INTERPRETI: Elijah Wood, Alison Pill, Rainn Wilson, Jack McBrayer, Nasim Pedrad, Leigh Whannell.

CINQUE ANNI DI CAZZATE

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Incredibile ma vero, mi sono accorto solo ora che questo posto è aperto da cinque anni. Tra bassi e bassi, alla fine mi sembrano molti di più. Non che ci sia nulla da festeggiare o celebrare. Col cazzo. Però è vero che ci torno sempre con affetto in questo blogghetto di periferia, il Bronx (o il Queens) di bloggher. 

Mi sono detto più volte di dargli fuoco definitivamente, ma chi se ne frega, diamogli "una botta di vita" a 'sto Osceno Desiderio, come Albertone e Bernard Blier in un non del tutto disprezzabile film di Oldoini. Sempre grazie infinite a chi passa e lascia un saluto da queste parti. 

Apprezzo molto, che ve lo dico a fare.




THE HIVE (2014) David Yarovesky

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David Yarovesky è un amichetto di James Gunn e questo "The Hive" (da non confondere con il film del 2008) è il suo esordio alla regia dopo una serie di corti e una serie Tv. Che altro dire? Che a Yarovesky deve essere piaciuto moltissimo il remake di "Evil Dead" a cura di Fede Alvarez che omaggia con una foga ed un trasporto che rischiano di sconfinare nel territorio del plagio fatto e finito.

Ma non è un grande problema. Alla fine ho apprezzato il film (con tutte le cautele del caso) e tanto basta per scrivere quattro righe su questo teen-horror che è quasi un comingof age dal sapore estivo. Dunque, diciamo subito che il film parte malissimo con un giovane (Gabriel Basso) che si risveglia in una stanza portando sul corpo gli inequivocabili segni di un terribile contagio. Naturalmente non ricorda nulla, ma ci sono disegni e scritte con il gesso che sembrano lasciate di proposito per ricostruire gli eventi precedenti. Parte il flash-back. Siamo in un campeggio estivo per bambini e i protagonisti sono i giovani supervisori; amori, litigi e goliardate vengono interrotti quando un aereo si schianta nelle vicinanze e i ragazzi si fiondano sul luogo del disastro. E' notte e come da copione c'è qualcosa che non va. Anzi. Comincia il contagio.

Yarovesky e il suo socio in sceneggiatura Will Honley, a questo punto cominciano a bombardare lo spettatore con un alternanza di piani temporali, mischiando presente, passato e futuro con una certa spregiudicatezza, fregandosene di plausibilità e altre noiose zavorre realistiche nel tentativo di rimpolpare una storiella vista, rivista e mandata a memoria. Bisogna dar loro atto di averci provato e di aver prodotto un dignitoso B-movie inondato da una fotografia iper-saturata che potrà dare sui nervi a molti spettatori e minato da una dipendenza verso il film di Alvarez che rischia di farlo affondare nel laghetto delle cazzate; ma vi ho trovato una certa malinconia di fondo che non mi aspettavo in un prodotto del genere (forse perchè sto invecchiando o perchè  mi sono rincoglionito) che si fa sentire soprattutto nel finale triste e poco consolatorio. Bravini (senza esagerare) i giovani protagonisti, con menzione speciale per le fanciulline, Kathryn Prescott e la bella GabrielleWalsh, già vista in "Paranormal Activity: The Marked Ones". Per un film prodotto da tale Nerdiest Industries, penso possa bastare. INTERPRETI:Gabriel Basso, Kathryn Prescott, Jacob Zachar, Gabrielle Walsh, Sean Gunn.




American Guinea Pig: Bouquet of Guts and Gore (2014) Stephen Biro

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Allora, qui abbiamo per le mani materiale da maneggiare con cura. Due donne, madre e figlia, vengono drogate e rapite da un gruppo di filmmakers mascherati e condotte in uno stanzone adibito a set cinematografico. Fine. Nel senso peggiore del termine. 

Biro sa benissimo quello che vuole, non perde tempo con introduzioni o spiegoni, riparte da dove i primi due "Guinea Pig" avevano lasciato e rilancia con un massacro che fa impallidire le provocazioni cazzare del vecchio Elie ogni tentativo di approccio critico da salotto psicanalitico. 


Settanta minuti di violenze su due corpi immobili e muti che eliminano ogni tentativo di empatizzare con le vittime. Siamo più dalle parti di "Last House on Dead End Street"di Roger Watkins, per dirla tutta, con immagini sporche e sgranate restituite da un montaggio che alterna Super8 e nastro magnetico, sottolineato da un commento musicale cupo e opprimente (a cura del tandem Kristian Day-Jimmy ScreamerKlauz) servito su un banchetto di effetti speciali rozzi che non lasciano assolutamente nulla all'immaginazione. Il risultato è un'operazione brutta, sporca e cattiva, sicuramente furba e dotata di una certa, malcelata ironia di fondo (molto di fondo) pericolosamente in bilico sul confine della provocazione fine a sè stessa. Certo, non per tutti. E non lo dico con supponenza e senso di superiorità da spettatore smaliziato. Incredibile a dirsi, verso la fine subentra un senso di noia quasi emicranico, sconfessato da un finale agghiacciante e infame che interrompe misericordiosamente la visione per lasciare solo l'audio. 


Solo per chi strettamente interessato. Dietro le quinte si aggira il non dimenticato Jim Van Bebber, direttore della fotografia e presente nel prefinale in un piccolo ma essenziale ruolo. Se volete c'è il DVD Unearthed Films. INTERPRETI: Ashley Lynn Caputo, Caitlyn Dailey, Eight The Chosen One, Scott Gabbey, David Hood, Jim Van Bebber.



DON'T GO IN THE HOUSE (1980) Joseph Ellison

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Cosa posso dire di una pellicola che si può descrivere senza troppi giri di parole come "Norman Bates conlanciafiamme"? Tutto il bene possibile, Vostro Onore.

In realtà, il film di Ellison (scomparso dai radar dopo il successivo e autobiografico "Joey") è un prodotto cupo e ben poco accomodante, sorretto da una malcelata ironia che lo rende, se possibile, ancora più disperato. Donny Kohler (Dan Grimaldi, il Patsy Parisi de "I Soprano") è un povero diavolo che vive con la madre in una grande casa; quando una sera (di ritorno dal lavoro dove ha appena assistito alla morte per ustioni di un collega, incidente che forse è stato lui stesso a causare) la trova morta stecchita, le difese crollano e Donny è libero di sguinzagliare la sua misoginia. 

Al posto dell'inflazionato coltello da macellaio, il nostro sceglie un più sobrio lanciafiamme da utilizzare in una stanza ignifuga, dove incatena giovani donne pronte a ricevere tutte le attenzioni che si dedicano al tacchino del Ringraziamento. Al di là della facile ironia, Ellison è molto bravo nel raccontare l'isolamento e la paranoia crescente del protagonista, torturato fisicamente e psicologicamente dalla madre fin da piccolo e incapace di gestire qualsivoglia rapporto con il prossimo. Siamo sempre dalle parti dell'exploitation più o meno becera (dipende dai gusti) ma Grimaldi è piuttosto convincente nella sua follia nascosta e in quelli che sono gli atteggiamenti di un bambino rimasto senza punti di riferimento: quando va nel negozio di abbigliamento per comprare un nuovo abito in vista di una uscita a quattro in discoteca (l'ultimo, estremo tentativo di riportare la sua vita sui binari della normalità) è difficile non provare un pò d'empatia verso quel povero bastardo. 

Detto questo, chiunque si avvicini a "Don't Go In The House"pensando ad una simpatica chincaglieria da grindhouse, potrebbe rimanere piacevolmente (oppure il contrario) sorpreso dalla confezione povera ma efficace imbastita da Ellison e dal suo direttore della fotografia Oliver Wood (destinato ad una promozione in super serie A) soprattutto nelle scene ambientate nella vecchia magione di famiglia, molto ben illuminate e in grado di evocare un'atmosfera cimiteriale e opprimente. Non è poco. DVD qui e qui. INTERPRETI: Dan Grimaldi, Charles Bonet, Robert Osth, Johanna Brushay, Ruth Dardick, O'Mara Leary, Gail Turner.


DEATH GAME (1977) Peter Traynor

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Se vi è piaciuto "Knock Knock" (a me, quanto basta) allora è obbligatorio (non è vero) andare a cercare il film originale, quel "Death Game" conosciuto anche con il titolo "The Seducers" che deve avere acceso una lampadina nella testa del buon Eli tanto da spingerlo a mettere la moglie (Lorenza Izzo, che a me piace molto, ha qualcosa della Romina Power di "Justine" del tìo Jess, ma stiamo divagando) in tandem con Ana De Armas a sostituire le due "divine" Sondra Locke e Colleen Camp che furono le protagoniste di questa bizzarra pellicola di Traynor, più un produttore che un regista, fu accreditato come tale anche in quel gran casino di "Evil Town". 

Vabbè, cazzate a parte, il film è molto valido, più cupo e oscuro rispetto al remake e molto poco accomodante nella descrizione delle bad girls, che qui sono due pazze scatenate, sadiche e pericolose; il buon samaritano  Seymour Cassel, rimasto solo a casa, accoglie le giovani e bellissime cerbiatte tutte bagnate e infreddolite che bussano alla sua porta per poi venire puntualmente sedotto. Ma non abbandonato. Al risveglio comincia un lungo incubo che lo vedrà prigioniero e poi imputato in un farsesco processo. 

Se avete già visto il remake, sapete di cosa stiamo parlando. Se non l'avete visto, vi consiglio di fare un pò come vi pare e guardare prima l'uno e poi l'altro a vostro piacimento. Detto questo, "Death Game"è un puro distillato di cinema anni settanta, sadico, morbosetto e ben poco orientato verso la black comedy. Anzi. Le due protagoniste (non c'è paragone con il remake, ma non in senso dispregiativo perchè le caratterizzazioni sono molto diverse e la Izzo e la DeArmas funzionano piuttosto bene come bimbette capricciose) sono a tratti realmente inquietanti e fastidiose ma, soprattutto, completamente suonate. Guardatele mentre si ingozzano senza ritegno o quando vandalizzano la casa del povero George Manning (un Cassel svaccatissimo, pure doppiato perchè si rifiutò di partecipare alla post-produzione) illuminate dalle luci del direttore della fotografia David Worth (proprio lui, il regista de "I Predatori dell'anno Omega") e non vorrete più avere ospiti a casa per tutta la vita. Invece le due ninfette del rifacimento, alla fine me le sarei tenute pure per Natale. 

Comunque, se vi va, dvd qui (anche se non è il massimo della definizione). Ah, c'è pure un secondo remake spagnolo, datato 1980, che potete gustarvi qui.INTERPRETI: Seymour Cassel, Sondra Locke, Colleen Camp, Michael Kalmansohn, Beth Brickell.

DRACULA BLOWS HIS COOL (1979) Carl Schenkel

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Per la settimana di Halloween mi sembra giusto cominciare con un film che non c'entra un cazzo, ossia "Graf Dracula in Oberbayern" di Carlo Ombra (pseudonimo dietro il quale si nasconde Carl Schenkel, vecchia conoscenza degli appassionati, regista di "Out of Order - Fuori Servizio" che vidi al cinema da ragazzino e mi piacque moltissimo, poi destinato ad una dignitosa carriera oltreoceano, con "Scacco Mortale", tra le altre cose). Più che uno spoofè una commedia pecoreccia appartenente al genere "bavarian porn", per cui, se non avete un cazzo da fare, andate pure qui

Niente per cui scandalizzarsi, di "porn" da queste parti non c'è proprio nulla. Solo modelle seminude, umorismo da caserma, balere di provincia spacciate per discoteche e un Dracula che entra nel territorio delle leggende "scult", interpretato nientemeno che da Gianni Garko (proprio lui, Sartana in persona) grande uomo del nostro cinema, protagonista di molti film amatissimi dal sottoscritto, "La Notte dei Diavoli" (1972) di Giorgio Ferroni in testa.


Non fu una una cosetta di passaggio. Garko partecipò a ben quattro film in coproduzione con la teutonica Lisa Film: "I Porno Desideri di Silvia" ("Sylvia Im Reich Der Wollust", 1977) aprì le danze in questo suo personalissimo "oktober fest" (venendo pure sequestrato in Italia, non Garko ma il film) comprendente anche il classico "Drei Schwedinnen in Oberbayern" (1977) e "Summer Night Fever" (1978) ovvero "Febbre nelle notti d'estate". Ce n'è per tutti i gusti.


Per la distribuzione italiana di questo "Graf Dracula..." si optò invece per un più nobile e sobrio "Il Succhione", che dice già tutto quello che c'è da sapere sulla pellicola: una commedia degli equivoci in salsa horror con Garko in doppio ruolo e la presenza di Giacomo Rizzo in mezzo ad un plotone di ragazze discinte (da consegnare ai posteri la coppia di gemelle leopardate in versione disco-dance). DVD qui (costa un botto, io ricordo di averlo pagato molto meno ai tempi) ma visto che sono buono (e soprattutto visto che sul web si trova ogni cosa) ve lo potete vedere proprio qui sotto. Per i fanatici di parodie vampiriche, vi rimando da queste parti, delirio totale. INTERPRETI: Gianni Garko, Betty Vergès, Giacomo Rizzo, Bea Fiedler, Georgina Steer, Ralf Wolter, Linda Grondier.



BALLATA MACABRA (1976) Dan Curtis

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Dan Curtis era uno che veniva dalla televisione, vale a dire un marchio d'infamia per i frequentatori di salotti. Di certo era un autore che sapeva benissimo come raccontare una storia (e chi dice di no, mente sapendo di mentire).

Guardate questo classico "Burnt Offerings" tratto dal romanzo di Robert Marasco; tanto semplice quanto efficace nel generare un'atmosfera di terrore e paranoia da sembrare quasi minimalista nel mucchio selvaggio del cinema anni '70. Viene già detto tutto nei primi quindici-sedici minuti di introduzione. Il vecchio Curtis (con il socio William F. Nolan)  fa capire subito allo spettatore che affittare la casa in rovina dei fratelli Allardyceè una scelta del cazzo e che i Rolf la pagheranno più cara dell'affitto richiesto.

Non ci sarà scampo. E l'entrata in scena dei due proprietari, le cariatidi delle tenebre, pone fine a qualunque dilemma morale; melliflui, untuosi e infingardi, Eileen Heckart e Burgess Meredith rubano la scena a tutti quanti per i pochi minuti che compaiono sullo schermo. Questione di postura, di preparazione, di classe e di "follia" interpretativa. Curtis non sbaglia un'inquadratura, gestisce i tempi con precisione certosina e consegna ai posteri una ventina di minuti da scuola di cinema, o almeno di certo cinema che ancora chiamiamo con affetto (forse per via di un rincoglionimento cronico inevitabile) "cinema del terrore". 

Guardate qua:






Sembrerebbe, a questo punto, che non ci sia più un cazzo da guardare. Non è assolutamente vero. Una volta entrati nel suo meccanismo, "Ballata Macabra" non molla più lo spettatore e procede, prendendosi i suoi tempi beninteso, fino a quando non si può più permettere di procrastinare l'inevitabile conclusione. Che finale, ragazzi. Non ho speso parole per Oliver Reed e Karen Black, perchè non trovo i termini giusti per esprimere tutta la stima e l'affetto che provo verso questi due grandissimi artisti. Guardateli nella scena notturna in piscina e sul prato, quando è ormai chiaro che la casa non permetterà più nessun tipo di unione "coniugale" tra marito e moglie. Stesso discorso per Bette Davis. Si è probabilmente capito che questo film mi piace molto. Penso di non essere il solo. Blu-ray recentissimo della Kino Lorber.INTERPRETI: Oliver Reed, Karen Black, Bette Davis, Lee H. Montgomery, Burgess Meredith, Eileen Heckart, Anthony James, Dub Taylor.





IL PROFESSOR MATUSA E I SUOI HIPPIES (1968)

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Credo ormai di vivere in uno stato di stordimento costante, se comincio a sentire la mancanza di film come questo, sublime, "Il Professor Matusa e i suoi Hippies", forse il più brutto musicarello della storia. Io non concordo al 100% su tale primato, solo perchè non lo vedo da una vita. Quindi, ho pochi ricordi. Confusi ricordi su uno strano personaggio chiamato Matt Beat e un mucchio di gente che canta, a destra e a sinistra, come se non ci fosse un domani.

Non ho messo il nome del regista nel titolo del post perchè la paternità di questo capolavoro non è sicura. Vabbè. Il grande Gino Pagnani, uno degli interpreti, sostiene che alla regia ci fosse il direttore della fotografia Luigi De Maria, altri affermano che il James K. Stuart accreditato su IMDB sia, in realtà, il soggettista-sceneggiatore Carlo Martinelli, forse anche interprete del misterioso Professor Matusa. Mistero.

Per la gioia degli appassionati del genere, grandi e piccini, Riccardo Del Turco, Riki Maiocchi, Gigliola Cinquetti, Caterina Caselli, I Surf e tanti altri (pure Little Tony) cantano e ballano per il pubblico e per questo fantomatico e impresentabile Prof. Matusa mentre tutti sembrano divertirsi un mondo, anche se probabilmente non è vero. Però che nostalgia. C'è anche la splendida Sheyla Rosin(Spela Rozin) protagonista di numerose pellicole del nostro bis morto e sepolto. Qui sotto un estratto dal film con i mitici Scooters. INTERPRETI: Sheyla Rosin, Gino Pagnani, Galliano Sbarra, Riccardo Del Turco, Riki Maiocchi.


THE HALLOW (2015) Corin Hardy

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Le cose che mi sono piaciute di più negli ultimi tempi (anni) in ambito orrorifico, vengono tutte dall'Irlanda:"The Canal" e "From The Dark", tanto per  mettere giù un paio di titoli. Mi sa che devo aggiungere a questa mini-lista anche il recente "The Hallow", opera prima di Corin Hardy che ho apprezzato moltissimo. Forse perchè non mi aspettavo un cazzo, forse perchè ultimamente non riesco più ad entusiasmarmi come prima riguardo "alle nuove leve del cinema horror", probabilmente perchè non mi piace quasi più un cazzo di niente.

Ricapitolando, questo "The Hallow"è stata una bella sorpresa sia per le qualità scenotecniche, sia per la sua grande capacità di coniugare il cinema horror d'assedio con tematiche prettamente favolistiche, prelevate di peso dal folklore irlandese/europeo, in questo caso la figura mitologica del changeling. Dunque, Adam e Claire (Joseph Mawle and Bojana Novakovic, molto bravi) si trasferiscono nel cuore della foresta irlandese con tanto di neonato e cagnone fedele. Fin qui, tutto bene. Adam è un tecnico ambientale (si dice così?) e il suo arrivo non è ben visto dalla comunità, anzi, gli vogliono (quasi) tutti male, specialmente il suo vicino Colm Donnelly (il solito, grandissimoMichael McElhhatton, Roose Bolton from Games of Thrones) che sembra nascondere e custodire un segreto riguardante i boschi e i suoi abitanti. Nel frattempo, i due coniugi cominciano ad essere vittime di strani incidenti e fenomeni bizzarri che interessano la casetta nel bosco nella quale si sono sistemati; non ci vuole molto a capire che c'è qualcuno o qualcosa che vuole allontanarli. E che vuole il loro bambino. 

Hardy non perde troppo tempo in pipponi introduttivi o altre inutili rotture di palle, prepara la prima parte del suo film con grande attenzione e cura dei dettagli per poi scatenare le creature contro la famigliola felice che passerà un notte da tregenda al termine della quale il lieto fine non è per niente assicurato. Sempre la solita storia, direte voi. Vero, ma il citazionismo impossibile da evitare in questi casi non si trasforma in un macigno sulle gonadi dello spettatore smaliziato, che può sedersi comodamente in poltrona e godersi un ottimo horror, splendidamente fotografato (da Martjin Van Broekhuizen capace di trasformare la foresta in un universo a sè stante, in cui convivono "Fantasia", "Il Labirinto del Fauno" e la baracca de "La Casa") e servito da un reparto effetti (a cura di John Nolan) che guarda direttamente al lavoro di Harryhausen e di Stan Winston, senza abbandonare del tutto la CGI, purtroppo. Ma non si può avere tutto, il risultato è a mio parere notevole e degno di essere ricordato e apprezzato. Hardy ci crede e abbandona del tutto ironia e insopportabili strizzatine d'occhio, per concentrarsi completamente su questa favola tenebrosa e malinconica. Sono i padri ad essere irrimediabilmente attirati dal male e trasformati (anche fisicamente) in qualcosa di apparentemente irriconoscibile. Che si tratti di ville coloniali ad Amityville o alberghi nel Colorado. Molto valido. Speriamo solo che il talentuoso Hardy non venga eletto quale nuovo pupillo del fandom horror/fighetto per poi essere buttato sdegnosamente giù dal carro al primo (presunto) passo falso, come il povero Ti West. INTERPRETI: Joseph Mawle, Bojana Novakovic, Michael McElhatton, Michael Smily. 


IL RISTORANTE ALL'ANGOLO (1987) Jackie Kong

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Quanta ignoranza in questo "Blood Diner". Nel senso buono del termine, se mai ce n'è stato uno. Visto al cinema tantissimi anni fa, rimasi deluso (anzi, mi pare che mi incazzai proprio) perchè il film non era quello che mi aspettavo, ovvero uno slasher violento e crudele speziato con un tocco di cannibalismo, così tanto per gradire. 

Non mi accorsi ai tempi del substrato cultuale/underground portato di peso sul set da Jackie Kong e da Michael Sonye (sceneggiatore e frontman degli Haunted Garage) nè tantomeno mi immaginavo chi cazzo fosse il protagonista, Carl Crew. Cioè un pazzo fottuto. E se un interprete, come avviene durante alcune bizzarre congiunzioni di pianeti, riesce a contaminare una produzione in modo tale da lasciare un marchio quasi indelebile sul risultato, bè non saprei quale altro testimone chiamare alla sbarra, se non il vecchio Carl Albert Crew classe 1961,Vostro Onore.

Al di là del gigantesco omaggio a "Blood Feast" e in generale al cinema brutto, sporco e imbecille di H.G. Lewis, il parto della Kong (una specialista di prodotti in bilico tra la serie B più becera e la serie Z vera e propria, tanto per mettere qualche etichetta) è un coacervo di demenzialità e horror da discount talmente consapevole e felice di esserlo da sublimare la sua arroganza in qualcosa di simile alla spassosità, termine orribile ma non riesco a trovarne uno migliore e non ho intenzione di utilizzare piacevolezza, perchè di piacevole non c'è quasi nulla da queste parti. Anzi, forse è una delle pellicole più "luride", idiote, appiccicose mai prodotte negli anni ottanta.

La storia dei fratelli Tutman, Michael (Rick Burks) e George (Crew), indottrinati dallo zio al culto della dea Sheetar, è proprio tutta qua; una serie di omicidi in apparenza violentissimi con le vittime che sembrano non sentire dolore alcuno, il tutto impregnato da un aria scanzonata che rende l'atmosfera ancora più morbosa. E se l'osso d'oro va consegnato d'ufficio ai due detectives che indagano sul massacro di un gruppo di cheerleaders in topless (Roger Dauer e LaNette LaFrance, portata di peso davanti alle cineprese per la sua somiglianza con Janet Jackson e mai più richiamata) il plauso del pubblico va tutto al vecchio Carl Crew, svitato figlio di puttana amante del wrestling e delle Fiji Mermaids nonchè fondatore del California Institute of Abnomalarts. Guardatelo mentre cucina o investe bikers sprovveduti sempre con quel ghigno da malato di mente in gita di piacere. Tanta roba. Grandissimo finale con raggi laser che scoperchiano crani e uno dei baracchini di cibo d'asporto più schifosi che la memoria cinefila sia in grado di ricordare. Blu-ray quiINTERPRETI: Carl Crew, Rick Burks, Tanya Papanicolas, Roger Dauer, LaNette LaFrance, Drew Godderis, Dino Lee, Lisa Guggenheim.
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LEATHERFACE (1991)

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Questo è un post inconsueto, nel senso che l'avevo scritto per un'altra parte, ma va bene così. Mi permette di introdurre alcune cosette e, soprattutto, l'amore che provo verso certe produzioni a fumetti che tanto ho apprezzato quando ero ragazzino. Dunque, non perdiamo tempo, se vi piacciono i fumetti del terrore, quelli vecchi, datati e impolverati, andate pure da queste parti. Se vi piacciono chincaglierie assortite, andate qui, da quella pazza di Eleonora. Se volete ascoltare qualche vecchia OST oppure roba come Inner Sanctum, qui. Se no, fa niente. Mi diverto con poco. Il post seguente è un pò troppo serio e pure un pò trombone, ma non ho assolutamente voglia di riscriverlo. 



Clicca sul titolo per leggere 'sta roba.





Il bagno di sangue che si rivelò "Leatherface: The Texas Chainsaw Massacre III" (1990) di Jeff Burr, non scoraggiò di certo i tipi della Northstar Publications che lanciarono una miniserie a fumetti nel maggio del 1991, conclusasi nel maggio dell'anno successivo dopo quattro numeri.

Il poliedrico Mort Castle fu chiamato a rimaneggiare (più o meno) la sceneggiatura originale di un gigante della corrente splatterpunk, il prode David J. Schow, rimanendo piuttosto fedele alla visione dell'autore potendo contare sulla totale libertà di manovra riguardo la censura (il lungometraggio ebbe una vita a dir poco travagliata nella battaglia dei ratings, fu infatti l'ultima pellicola a essere marchiata con l'infamante X destinata ai film pornografici, poi sostituita dal più diplomatico N-17) che gli permise di consegnare un prodotto violento, scorretto e inondato di sangue.

Chi scrive è un grande estimatore del film di Burr, in tutte le versioni e a dispetto di una storia produttiva piuttosto movimentata (o forse proprio per questo), tuttavia mi è difficile non esaltare il parto di Castle come pregnante esempio di comics in grado di completare e migliorare la visione e la filosofia di un film o dell'intero franchise."Leatherface"è un puro distillato di violenza sanguinaria e studio antropologico (passatemi il termine da salotto) che punta i riflettori su un gigante ritardato (e la sceneggiatura è quanto di più lontano dal politically correct si possa immaginare a riguardo) che eleva la sua motosega a simbolo stesso della coesione familiare. Si, perchè per i Sawyer la famiglia non solo è tradizione e unione, ma anche l'unico modo di opporsi e "combattere" gli stranieri e gli intrusi o chiunque si permetta di invadere e svilire il Texas; in questo senso il gruppo di cannibali strizza l'occhio al non dimenticato"Two Thousand Maniacs"di H.G. Lewis e ai vendicativi sudisti di Pleasant Valley, con tutte le cautele del caso e con tutta la carica di ferocia e violenza che "Leatherface" si porta dietro.

Michelle, Ryan ed il nero Benny (un esperto di tecniche di sopravvivenza di colore, una beffa insopportabile per i "macellai" texani) sono la carne da macello designata, inseguiti, torturati, mutilati dalla "famiglia": Alfredo, il maniaco sessuale; Tex, il ritratto stereotipato del texano che si rivela il componente della famiglia più effemminato e sensibile; Mama e Granpa, le due cariatidi; Tinker, qui ritratto come un vecchio hippy (probabilmente un deadhead), il più affezionato al vecchio Leatherface e protagonista di un siparietto lisergico degno di"The Trip"; la sadica Little Girl con la sua bambola. Manca all'appello il killer vero e proprio, il braccio armato della family, guidato da un istinto animalesco perfettamente descritto dalla "voce" fuoricampo che permette al lettore di entrare nel cervello del gigante.

Il tutto impregnato da una ironia che proviene di peso dallo stile di Schow, un marchio di fabbrica vero e proprio, capace di dirottare il lettore dal disgusto al sorriso beffardo e liberatorio. Per dare forma e sostanza a codesto materiale, non uno ma ben due artisti si sono passati la staffetta nel corso della serie. Il primo albo (maggio 1991) porta la firma di Kirk Jarvinen (con Suzanne Dechnick e Neil E. Trais ai colori) mentre le tre issues successive (agosto-ottobre 1991/maggio 1992) sono a cura di Guy Burwell.


Kirk Jarvinen

Kirk Jarvinen




Guy Burwell

Guy Burwell

Come si può vedere, due stili molto diversi, più "classico" quello di Jarvinen, più lisergico quello di Burwell che si esalta maggiormente nelle spash pages:



La miniserie conobbe un buon successo, solidificando la fama della Northstar (se mai ce ne fosse stato bisogno) come produttrice di horror duro e puro (basti citare"Klowshock", "Splatter" e "Rex Miller's Chaingang") e gettando le basi per un franchise dedicato al massacro del Texas che purtroppo non trovò la strada della pubblicazione. Nell'ultimo albo della serie furono presentate in anteprima le cover dei primi due numeri di quella che doveva essere la trasposizione a fumetti del "Non Aprite Quella Porta" originale (#1 illustrazioni di J.J. Birch e cover di Vince Locke/#2 cover Tim Vigil, art J.J. Birch, "The Authorized Adaptation of the Cult Classic...") rimasti nel cassetto insieme ad altri progetti laterali.



Covers

Leatherface #1, maggio 1991

Leatherface #2 Blood & Kin, agosto 1991

Leatherface #3 Reach Out of The Darkness, ottobre 1991

Leatherface #4 Hunters in the Night, maggio 1991












DON'T OPEN TILL CHRISTMAS (1984) Edmund Purdom

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Ci vuole una bella rassegna di cinema natalizio ( o almeno credo) per cui comincio con un vecchio slasher molto (poco) amato, ovvero "Non Aprite Prima di Natale". Visione antica in Tv e su Vhs Multivision, questo "Don't Open Till Christmas"è una produzione che porta le stigmate di Derek Ford, exploiter inglese con un piede e l'altro pure nella realizzazione di filmetti softcore, uno su cui dovrei scrivere almeno venti cartelle, per cui non divaghiamo e parliamo solo di questo masterpiece "diretto" dal mitico Edmund Purdom, grande attore inglese che trovò in Italia una comoda nicchia in cui svernare. 

"Diretto" virgolettato perchè il buon Purdom pare abbandonò il set e la pellicola fu poi terminata, per non dire riscritta o rigirata, da tale Al McGoohan (ovvero il tandem creativo Ford/Alan Birkinshaw, anche se spesso salta fuori il nome di Ray Selfe). Tutto questo per dire che la confusione dietro le quinte si fa sentire fino a prendere forma e sostanza nel prodotto finale. Una cosa così rozza e ignorante da lasciare soddisfatti o basiti a seconda dei gusti. 

A Londra c'è un serial killer che scanna tutti gli uomini che si travestono da Babbo Natale. Le donne no. Purdom è l'ispettore che si occupa del caso, ma sembra sia più interessato a occuparsi della bionda Kate (Belinda Mayne from "Alien 2 Sulla Terra") a cui è stato appena ucciso il padre durante una festa in balera. C'è pure un tale che sembra sapere un sacco di cose sull'identità del killer, ma Scotland Yard non riesce a cavare un ragno dal buco. Gli omicidi continuano, fino a quando una giovane stripper non assiste al massacro in un peep show, diventando di fatto l'unica testimone oculare (in realtà l'assassino ha importunato anche una modella da giornaletti erotici passandole un rasoio sul corpo seminudo, coperto solo da un cappotto da Babbo Natale, la mitica Pat Astley al suo ultimo ruolo). A leggerla così sembra il solito thrilling trito, ritrito e macinato. In effetti è il solito thrilling trito, ritrito e macinato ma con un aria da filmetto softcore (se non hard) che riesce ad annientare completamente l'atmosfera natalizia e tutto il companatico. Personaggi antipaticissimi e stronzi, gentaglia, uno show starring Caroline Munro semplicemente deplorevole e tanta, tanta weirdness per gli amanti delle stranezze su pellicola.

In realtà, questo "Don't Open..." cerca di elevarsi almeno al livello minimo consentito dal genere, con un incipit carpenteriano in cui puntualmente si (ri)trovano soggettiva del killer e respiro pesante in sottofondo e una serie di omicidi "creativi" così rozzi e imbecilli da far scattare l'applauso spontaneo, vedi l'assassinio con guanto borchiato e stivale con stiletto o la castrazione nei bagni pubblici ai grandi magazzini. E se è vero che basta una scena per redimere una produzione scalcinata, allora lasciatemi dire che il flashback finale vive in una sua personalissima dimensione tra il delirio totale e la risata isterica da rimanere per anni (come è successo al sottoscritto) stampato nell'album delle visioni "what the fuck?", quasi come vedere un film sotto l'effetto di un acido blando, pur non avendolo preso in quel momento. Vabbè. Non è poco. DVD della Mondo Macabro, qui. INTERPRETI: Edmund Purdom, Belinda Mayne, Alan Lake, Gerry Sundquist, Kelly Baker, Mark Jones, Kevin Lloyd, Pat Astley, Caroline Munro.

BLESS US, FATHER...e tanti auguri

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Merry Xmas a tutti quanti!!! Non avevo più voglia di fare una ipotetica rassegna sul cinema natalizio "degenere", ma ho trovato una cosetta che mi piace molto e ve la butto qui. Questa storia di Bill DuBay (script) e Richard Corben (inks and pencils), due giganti del settore, apparsa su Creepy #59 del gennaio 1974 è al tempo stesso morbosa, sadica e infinitamente triste. Non è poco.

Auguri a tutti. Divertitevi, bevete e mangiate e speriamo che Babbo Natale porti a tutti un pò di regali. A tutti, tranne a quel bastardo di J.J. Abrams. You, lazy fuckin' moron...ma che cazzo hai combinato? Che lo Sforzo sia con Voi, che la Forza al momento è un pò indisposta.


















DAVID AND CARL (1985)

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Parte il nuovo anno e cominciano le notizie di merda. Niente più Angus. Niente più David. Con Bowieè più difficile abituarsi, forse per via del fatto che sembrasse veramente "immortale". Vabbè. 

Oltre alla musica, rimangono anche i suoi film e non posso non ricordarlo in"Tutto in una notte" ("Into the Night", 1985) di Landis dove si trovava di fronte ad un'altra leggenda, niente meno che il grande Carl Perkins. Una delle solite uscite geniali di Landis, tra l'altro in una pellicola solo apparentemente "leggera" e divertente, in realtà impregnata da un senso di morte e violenza ineluttabile che viene fuori tutto dall'affaire "Ai Confini della Realtà" per il quale il regista fu mandato a processo proprio durante le riprese. E dove, non a caso, interpreta il ruolo del killer. 

Lascio perdere i "So Long" e "Goodbye", per una volta. Guardateli qua sotto, in tutto il loro magnetismo, questa volta, veramente, definitivamente "immortali" come gli attori sullo schermo TV.




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