Provo una strana sensazione a (ri)guardare per l'ennesima volta"In Cerca di Mr. Goodbar". Qualcosa di strisciante, subdolo, che mi si attacca addosso. A parte il fatto che è un capolavoro cupo e disperato, financo inaspettato da un professionista come Brooks (vabbè, "Blackboard Jungle","The Professionals", tanto per citarne due), uno rigoroso, quadrato, uno storyteller nel vero senso della parola, qualità che gli ha permesso di passare indenne dal sistema "classico" degli studios alla produzione indipendente della New Hollywood, ma è proprio il fatto di trovarmi di fronte ad una sorta di coming of age al contrario che mi lascia ammutolito a fine visione. Ogni volta. Che la storia della giovane insegnante in una scuola per sordomuti sia tratta da un fatto realmente accaduto, a questo punto, nulla aggiunge ad una pellicola che potrebbe fare chilometri e chilometri sulle proprie gambe, senza stampelle o supporti di alcun tipo. Certo c'è il libro (ottimo) di Judith Rossner da cui è tratta, a fare da ponte levatoio, ma a conti fatti,"Looking for Mr. Goodbar" pellicola è una fortezza dura e inespugnabile che ha il proprio centro in Diane Keaton e in quell'appartamento che diventa prigione e buco nero capace di imprigionare e risucchiare la sua occupante.
Theresa Dunn cerca di trovare una via d'uscita da una vita opaca e opprimente con il sesso e con la droga, incontra uomini nei locali, se li porta a casa, se li scopa, ma al mattino se ne devono andare fuori dalle palle. Regola unica e insindacabile della casa. Neanche la presenza e la nascita di una specie di rapporto malato con Tony (un grande Richard Gere, doppiato da Giannini) sono in grado di "soddisfarla", di farla passare "dall'altra parte", di farle dimenticare le sue origini e il suo soffocante desiderio di emancipazione. Così gli incontri occasionali continuano. Continuano fino ad uno dei più grandi, deliranti, isterici finali del cinema anni settanta. E non solo.
Brooks è implacabile. Restringe sempre di più il cerchio intorno alla sua protagonista fino a rendere quasi palpabile e "insopportabile" (termine che va preso un pò con le pinze) il senso di abbandono e, si, di morte che si respira in quel monolocale, aiutato da un grandissimo direttore della fotografia come William A. Fraker (da vedere il suo "A Reflection of Fear", 1973), maestro nel ricreare un universo buio, cupo, fangoso, con pochissime oasi di luce.
E poi, Diane Keaton. Di bellezza incommensurabile (almeno per me e in questo film), doppiata da Livia Giampalmo e presenza di una sensualità (lo so, è un termine del cazzo, ma "arrapante" non può rendere veramente l'idea) che esce di peso dallo schermo e ti trascina dentro, senza possibilità di fuga. Tanto da dare dei punti financo a Tuesday Weld, il che è tutto dire. Bellissimo. Dvd Paramount qui. OST qui. INTERPRETI: Diane Keaton, Richard Gere, Tuesday Weld, William Atherton, LeVar Burton, Tom Berenger, Richard Kiley, Priscilla Pointer, Alan Feinstein.